[di Caterina Amicucci] pubblicato su Il Manifesto del 5 luglio 2012
Se il Vecchio Continente fa acqua da tutte le parti, i suoi cittadini lanciano la sfida per incardinare proprio il diritto all’acqua nella legislazione europea. A due anni dalla risoluzione delle Nazioni Unite che ha dichiarato l’oro blu diritto umano universale e fondamentale, parte la prima iniziativa legislativa dal basso per costringere l’ Unione Europea a portare le risorse idriche fuori dalle logiche del mercato e dai processi di privatizzazione.
L’occasione è offerta dall’Iniziativa dei Cittadini Europei” (ICE), uno strumento introdotto dal Trattato di Lisbona che assegna ai cittadini il diritto di proporre alla Commissione Europea atti legislativi sulle politiche di propria competenza. Per formulare la proposta sono necessarie un milione di firme in almeno sette paesi dell’UE.
I primi a raccogliere la sfida sono stati i sindacati della funzione pubblica che, in coordinamento con la neonata Rete Europea dei Movimenti per l’Acqua, hanno depositato già a maggio la prima proposta che riguarda la modifica del Trattato di Funzionamento dell’Unione Europea. Per il momento la raccolta è aperta solo in forma cartacea. Le richieste sono semplici: le istituzioni dell’Unione europea e gli Stati membri devono essere tenuti ad assicurare a tutti i cittadini il diritto all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari. Inoltre i servizi idrici devono essere esclusi da qualsiasi forma di liberalizzazione.
Lo strumento dell’ICE si inquadra nella schizzofrenia e in quell’idea tutta europea di democrazia esclusivamente “burocratica”. Le ricette economiche e le direttive europee in materia di liberalizzazioni sono note a tutti, così come i metodi adottati per imporle agli Stati membri. Ma l’iniziativa ha il merito di costruire un orizzonte comune per i movimenti che hanno promosso il referendum sull’acqua in Italia, a Madrid e a Berlino e hanno ottenuto la ripubblicizzazione del servizio idrico parigino.
Un orizzonte necessario per costruire e consolidare un fronte di opposizione sociale a un’Europa che perde pezzi e conserva il salvataggio della moneta unica come unico obiettivo. Un’opportunità pragmatica per costruire consapevolezza nell’opinione pubblica europea, non solo verso i pericoli della mercificazione dell’acqua, ma anche sull’attacco sferrato dalla finanza alla natura intera. Il vertice di Rio ha confermato che l’agenda politica dei prossimi anni sarà incentrata sulla valorizzazione monetaria delle risorse naturali, degli ecosistemi, della biodiversità e sulla creazione di nuovi meccanismi di scambio di questi nuove classi di asset sui mercati finanziari.
Già nel 2009 l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico ha pubblicato un rapporto che promuoveva delle riforme orientate a dare un prezzo all’acqua e una serie di meccanismi di mercato per combatterne la scarsità. Un’idea che risale alla teoria dell’egemonia del modello di mercato della Banca Mondiale, che già vent’anni fa assegnava all’acqua il titolo di bene economico e finanziario. Nonostante questi tentativi l’acqua è ancora oggi una risorsa poco finanziarizzata, per questo nei prossimi anni sarà necessario attrezzarsi per proteggerla non solo dalle multinazionali ma anche dai mercati finanziari. Anche gli strumenti della cosiddetta “democrazia di carta” possono aiutare a prepararsi a quest’ennesima impresa.
Per informazioni sull’iniziativa: www.right2water.eu