Sace e Intesa Sanpaolo finanziano la devastazione dell’artico russo

A pochi giorni dalla fine della COP26 di Glasgow, l’agenzia italiana per il credito all’esportazione SACE ha confermato la copertura assicurativa per il finanziamento del progetto Arctic LNG-2 da parte di Intesa Sanpaolo e di Cassa Depositi e Prestiti. Arctic LNG-2 è un mega-progetto di liquefazione di gas naturale della società russa Novatek, in fase di costruzione nella penisola di Gydan, uno dei territori più a rischio dell’Artico russo.

La notizia è stata riferita lo scorso giovedì dall’ambasciatore italiano in Russia Giorgio Starace e ripresa dall’agenzia di stampa internazionale Reuters. Nei commenti rilasciati all’agenzia russa Interfax e confermati dal suo ufficio, Starace ha affermato che l’Italia continuerà a essere uno dei principali partner del progetto, sia a livello commerciale che a livello di credito e assicurazione.

Stando a quanto riportato dalla Reuters, Starace avrebbe incontrato i dirigenti della SACE, che gli hanno comunicato come l’agenzia fosse pronta a fornire la copertura assicurativa, nei giorni in cui a Glasgow si stava svolgendo la COP26. Proprio nell’ambito del summit scozzese, l’Italia si è impegnata a porre fine ai sussidi pubblici diretti per progetti internazionali legati ai combustibili fossili entro la fine del 2022.

«L’incoerenza del governo italiano, già al G20 a parole professatosi difensore del clima, è inaccettabile», ha dichiarato Simone Ogno di ReCommon. «Se il buongiorno si vede dal mattino, ora siamo sicuri che entro la fine del 2022 ci sarà una corsa al finanziamento pubblico di mega-progetti estrattivi come Arctic LNG-2, che consideriamo l’ennesimo attentato al clima del Pianeta».

La SACE può contare su un portafoglio ricchissimo di fondi pubblici, e nel periodo 2016-2020 ha garantito 8,6 miliardi di euro per nuovi progetti legati ai combustibili fossili. A trainare questo boom ci sono le garanzie per l’estrazione di gas di Eni in Mozambico, ma anche il sostegno a banche e imprese coinvolte in progetti devastanti nella Regione artica – dove ha già sostenuto Yamal LNG – e in Africa, dove potrebbe entrare nel contestato oleodotto EACOP tra Uganda e Tanzania.

Foto Manuel Ernst

Come per il finanziamento del progetto Yamal LNG, il ruolo di Intesa Sanpaolo è stato fondamentale per chiudere l’accordo, individuata da Novatek come istituto finanziario privilegiato per i suoi affari. Il gruppo finanziario italiano è infatti in ottimi rapporti con Mosca, una relazione che ruota intorno alla figura di Antonio Fallico, presidente di Banca Intesa Russia e dell’associazione Conoscere Eurasia, che da anni organizza il Forum Economico Eurasiatico di Verona, dove questi accordi prendono forma.

La prima banca italiana dovrebbe concedere almeno 500 milioni di euro alle società coinvolte nel progetto. Un prestito di cui si vocifera da almeno due anni, ma venuto a compimento solo dopo la certezza di una garanzia pubblica a coprire eventuali perdite.

Inoltre, con il finanziamento di Arctic LNG-2 risulta evidente il carattere ad hoc della clausola inserita da Intesa nei suoi ultimi impegni pubblici in relazione a clima e ambiente. Infatti, la policy di Luglio esclude i finanziamenti a progetti estrattivi offshore nell’Artico, permettendo invece quelli sulla terraferma, proprio come in questo caso.

Nel solo 2020, il colosso finanziario torinese ha concesso 515 milioni di euro a società dei combustibili fossili impegnate principalmente nell’esplorazione e nella produzione di idrocarburi nella Regione Artica. Gli investimenti ammontano invece a 866 milioni di euro.

«Intesa Sanpaolo si conferma campione di greenwashing nel panorama finanziario italiano», commenta Daniela Finamore di ReCommon. «In occasione della COP26, Intesa si è fregiata di impegni net-zero al 2050, insieme ad altre istituzioni finanziarie internazionali. Impegni molto vaghi e a lungo termine, che di fatto significano finanziamenti incondizionati all’industria dei combustibili fossili».

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