La Shell riconosce di aver trattato con un importante ex politico nigeriano, condannato per riciclaggio di denaro sporco, per la conclusione dell’affare Opl 245, in cui è coinvolta anche l’Eni.
“Nel corso del tempo ci si è chiarito il fatto che Dan Etete era coinvolto nella Malabu e che l’unico modo per risolvere l’impasse negoziale consistesse nel raggiungere un accordo con Etete e la Malabu, che ci piacesse o no”, questo quanto riferito da un portavoce dell’azienda al New York Times ieri sera. Shell sapeva che “il governo federale della Nigeria avrebbe indennizzato la Malabu per risolvere le sue pretese sul blocco petrolifero”.
Il cambio di linea della corporation anglo-olandese fa seguito a numerose dichiarazioni ufficiali in cui era sempre stato negato qualsiasi coinvolgimento con il controverso ex ministro del Petrolio dei tempi del dittatore Sani Abacha, Dan Etete.
La posizione della Shell è stata sicuramente condizionata dai numerosi articoli apparsi sulla stampa internazionale e dal rapporto di Global Witness e Finance Uncovered in cui si riportano intercettazioni ed email confidenziali tra i vertici dell’azienda, che di fatto “anticipano” l’ammissione fatta nelle ultime ore.
Secondo quanto raccontato nell’ultima puntata Report, anche l’Eni era a conoscenza delle scomode verità riconosciute dalla Shell. A corroborare la sua tesi, anche la trasmissione di Rai 3 cita email confidenziali di alti dirigenti della multinazionale italiana.
“Fra due giorni l’Eni terrà la sua assemblea degli azionisti. Sin dal 2013 l’ENI ha ripetutamente risposto ai suoi azionisti che la società Malabu non era riconducibile a Dan Etete e che del pagamento della licenza Opl245 ha beneficiato solamente il governo nigeriano. Le dichiarazioni della Shell smentiscono l’ENI. I vertici della società dovranno chiarire giovedì se confermano o meno quanto ammesso dalla Shell”, ha dichiarato Antonio Tricarico di Re:Common.