L’azionariato critico è uno dei principali strumenti di campagna di noi di ReCommon. Ma in che cosa consiste? Cominciamo col dire che è una pratica diffusa ormai da decenni nei paesi del nord Europa e in America Settentrionale. ReCommon fa azionariato critico fin dalla sua nascita, nel 2012, ma la precedente incarnazione dell’associazione, CRBM, si era presentata alla sua prima assemblea degli azionisti – di Eni – già nell’ormai lontano 2008.
Passaggio fondamentale per “svolgere questa attività”: bisogna comprare delle azioni. Ne bastano però una manciata e si può andare a porre domande scomode ai vertici delle più importanti banche e multinazionali energetiche italiane. Attualmente abbiamo azioni di Eni, Enel, Snam, Generali, UniCredit e Intesa Sanpaolo. Nota bene, questo principio di grande democrazia, ovvero poter intervenire in assemblea pur se in possesso di pochissime azioni, di fatto alla pari con fondi di investimento miliardari, negli ultimi anni ha causato qualche malumore. Qualche azionista ha pure protestato durante i lavori assembleari, evidentemente infastidito che qualcuno disturbasse il manovratore.
E questo la dice lunga sull’impatto dell’azionariato critico, che per noi vuol dire incalzare sui nostri temi il management delle singola società, ma anche favorire la presenza di esponenti di comitato e organizzazioni di territori che a causa delle attività di quella società soffrono, in Italia e nel resto del mondo. In quasi tre lustri siamo stati al fianco di attiviste e attivisti, così come di medici, avvocati e vescovi, provenienti dalla Nigeria, dalla Basilicata, da tanti paesi dell’Est Europa (compresa la Russia), ma anche dal Cile, dal Guatemala, dalla Colombia, perfino dagli Usa. E ancora da città segnate da centrali a carbone come Civitavecchia e Brindisi e pure da paesi dove il gas è una maledizione quali il Mozambico.
Bastano una manciata di azioni per partecipare alle assemblee degli azionisti, ma servono mesi di lavoro per individuare le domande giuste per mettere le aziende di fronte alle loro responsabilità.
Facciamo azionariato critico dal 2012. È un’azione scomoda e potente, in cui noi crediamo molto. Tu puoi sostenere questa azione e la nostra libertà di svolgerla.
È stato un percorso lungo, spesso duro e faticoso, intrapreso insieme a partner italiani e internazionali, dalla Fondazione Responsabilità Etica ad Amnesty International, fino a Global Witness e Greenpeace. Anche con loro ci siamo “studiati le carte”, leggendo centinaia di documenti per preparare le nostre domande, mai generiche e sempre puntuali – oltre a quelle “in presenza”, se ne possono sottoporre di scritte prima dell’assemblea, a cui le società sono tenute a rispondere pubblicando i testi sui loro siti. Insomma, è un lavoro che ci impegna tanto e per mesi interi, perché crediamo che vada affrontato nel modo più serio ed esaustivo possibile.
Abbiamo provato a mettere il classico granello di sabbia nell’ingranaggio di società che troppo spesso tirano dritte per la loro strada, senza curarsi dei “pesanti strascichi” delle loro azioni, in termini di conseguenze ambientali e sociali. Grazie all’azionariato critico, alcuni temi scomodi hanno avuto maggiore visibilità sui media, o almeno su una parte di questi. Negli anni si sono moltiplicate le azioni di protesta al di fuori delle assemblee, alle quali abbiamo partecipato anche noi. Negli anni abbiamo visto cambiare in meglio le politiche ambientali delle grandi banche e assicurazioni italiane, così come multinazionali partecipate dallo Stato quali Enel iniziare il lento addio al carbone in Italia, ma pure abbandonare il carbone insanguinato proveniente dalla Colombia. E ancora abbiamo sollevato con forza le nostre preoccupazioni riguardo al presunto coinvolgimento dei vertici di Eni in diversi casi di corruzione di alto profilo in Nigeria e Repubblica del Congo negli ultimi dieci anni. Preoccupazioni per altro confermate dalle testimonianze in tribunale di alcuni membri del consiglio di amministrazione del Cane a sei zampe, seppur sempre smentite dalla società ed alcuni giudizi dei tribunali.
Dal 2020 il nostro azionariato critico è monco, perché continuiamo porre domande scritte, ma le assemblee si svolgono a porte chiuse e senza alcuna forma di dibattito, causa pandemia. Sarà così anche quest’anno, per gentile concessione del governo e nonostante tutte le riaperture e la fine del periodo d’emergenza. “Non disturbate il manovratore”, evidentemente l’azionariato critico sta raggiungendo il suo scopo.