di Paola Matova
L’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA) ha finalmente accolto molte delle criticità che ReCommon ha sempre sollevato, non da ultimo in una delle recenti audizioni organizzate dalla stessa ARERA, segnando un passo avanti nella lotta contro investimenti inutili nel settore del gas.
La decisione più significativa riguarda la sospensione del trasferimento della FSRU Italis LNG di SNAM da Piombino a Vado Ligure, un progetto che ReCommon, al fianco e in solidarietà con i gruppi e i comitati espressioni delle comunità savonesi, ha sempre contestato per i suoi costi esorbitanti, i rischi per la sicurezza e la minaccia ambientale in una zona già pesantemente impattata dall’industria fossile. Lo scorso gennaio, il Consiglio regionale della Liguria si era espresso all’unanimità contro il trasferimento del rigassificatore a Vado Ligure.
Dopo la pubblicazione della delibera di ARERA, anche il governatore della Regione Toscana Eugenio Giani si è affrettato a ricordare pubblicamente che a Piombino non sono arrivate le compensazioni promesse a fronte della disponibilità a ospitare il rigassificatore, chiedendo con fermezza che, al termine dei tre anni previsti di permanenza, la nave venga spostata. Questa decisione di ARERA rappresenta sì una vittoria, poiché di fatto blocca l’ipotesi del rigassificatore a Vado, ma ad oggi il destino della nave rimane nelle mani del governo Meloni. È fondamentale sottolineare che la FSRU non è necessaria né a Vado, né a Piombino e né altrove. SNAM deve liberarsi della nave senza cercare nuove soluzioni per mantenerla operativa.
Anche i dati parlano chiaro: la domanda di gas in Italia è scesa del 19% dal 2021 al 2024. L’Italia rischia di sovradimensionare la sua capacità di rigassificazione rispetto ai bisogni reali del paese. ARERA ha anche bocciato la fase 2 del piano di potenziamento dell’export di Snam, orientato a portare da 40 a 60 mln mc al giorno la capacità di esportazione verso l’Austria e verso la Svizzera. Ma se la domanda di gas interna è in calo, e non c’è una giustificazione economica per aumentare la capacità di export, come mai gli investimenti in infrastrutture per il gas naturale liquefatto (GNL) rimangono prioritari nel piano investimenti di Snam per il periodo 2025- 2029? Anche rispetto alla dorsale per l’l’idrogeno – progetto di punta per l’azienda e parte centrale del South H2 Corridor – come emerso dalle consultazioni tenute da ARERA, l’investimento per l’espansione delle infrastrutture e per aumentare la potenza di compressione è all’origine del considerevole aumento dei costi rispetto al piano precedente. Ma quale sarebbe la domanda futura di idrogeno che giustifica questi investimenti?
Il regolatore italiano ha bocciato o rimandato anche altri progetti gasieri insensati. Ha sospeso il progetto Virtual Pipeline per la Sardegna e confermato il giudizio negativo sulla Fase 2 della metanizzazione. Ha di fatto respinto la realizzazione della dorsale del gas sarda, un’infrastruttura inizialmente prevista da Snam per un tragitto di 1.000 chilometri e poi ridotta a 400, che avrebbe seguito la geografia dei vecchi poli industriali, da Porto Torres al Sulcis, passando per Cagliari e Oristano. Tuttavia, la Fase 1 della metanizzazione, che riguarda l’installazione “di opere diverse dalla dorsale”, come le navi rigassificatrici nei porti di Porto Torres e Oristano, è stata solo sospesa in attesa di ulteriori sviluppi normativi.
ARERA ha infatti dichiarato di voler procedere in coerenza con gli esiti delle eventuali revisioni del DPCM Energia del 2022, che oramai attendiamo da mesi. Sebbene la decisione di ARERA sembri positiva, il pericolo non è scongiurato. La governatrice della regione Sardegna Alessandra Todde, nelle ultime dichiarazioni pubbliche di fine gennaio, ha confermato che il piano infrastrutturale del gas nella sua regione proseguirà, senza specificare tempi e modalità. Snam, intanto, ha chiesto tempo fino a giugno per verificare gli aspetti tecnici dei gasdotti tra Oristano e Portovesme, lasciando aperta la possibilità di nuove infrastrutture cosi come ha fatto anche ARERA nella sua delibera. Il problema centrale resta: se la dorsale non verrà realizzata, quale sarebbe l’utilità del gas in Sardegna? Dove andrebbe a finire? Il rischio concreto è che vengano installate delle navi rigassificatrici senza alcun reale scopo, con conseguenti sprechi di risorse pubbliche. Nel frattempo, il governo centrale sta portando avanti trattative a porte chiuse, senza trasparenza sulle intenzioni, rischiando di imporre ancora una volta dall’alto decisioni che non tengono conto delle reali esigenze del territorio.
A conferma di una tendenza che ancora fatica a cambiare, ARERA ha bocciato anche il gasdotto Matagiola-Massafra, evidenziando l’assenza di presupposto per la sua realizzazione che avrebbe avuto senso solo in previsione di un raddoppio del TAP, il gasdotto trans Adriatico che porta gas dall’Azerbaijan, (non ancora richiesto).
Nei progetti infrastrutturali citati scorrerebbe il gas naturale liquefatto, ancora centrale negli investimenti di Snam. La questione del GNL si complica ulteriormente con il rilancio dell’export di gas statunitense, reso possibile dalla revoca da parte di Donald Trump della moratoria sulla costruzione di nuovi terminal di esportazione di GNL, imposta dall’ex presidente Joe Biden nel 2024 per effettuate le adeguate valutazione del loro impatto sull’economia e il clima.
Questo solleva un’inevitabile riflessione critica sulla coerenza delle politiche energetiche italiane. Se in passato abbiamo rifiutato il gas russo per motivi geopolitici, oggi sembra che non ci siano scrupoli ad accettare il gas proveniente dagli Stati Uniti. Vogliamo davvero continuare a dipendere dal gas legando il nostro futuro energetico alle decisioni di governi stranieri, come quello guidato da Trump?